Quando nelle aziende la strategia è scadente, spesso si vedono campagne di marketing sconcertanti con payoff triti e ritriti. Uno di questi -quello che mi schifa di più- suona più o meno sempre così: “NOME_AZIENDA, l’innovazione nella tradizione” o viceversa. Non importa ciò che il marchio vende: mobili, mutande, vestiti, servizi tecnologici, astronavi o gelati. Perché questo tipo di marketing attraversi intatto i tempi, è un mistero. Meglio: ci sono ottimi motivi per cui il marketing scadente funziona ancora ed esiste, ma questo porterebbe il post fuori tema.
Il fatto è che ci siamo abituati, negli anni, a un tipo di comunicazione che non corrisponde più alle idee e alle realtà sottostanti. Si parla e si scrive tanto per farlo. Ci limitiamo agli slogan, ai pay-off, e la pervasività dei social network restringe ulteriormente tali limiti, in quanto questi mezzi di comunicazione di solito non facilitano il dialogo né la volontà di approfondire ampiamente un argomento.
Durante lo scorso fine settimana, l’Hara Kai Dojo ha ospitato a Torino l’annuale Evolutionary Aikido Seminar, un evento di portata internazionale guidato da Patrick Cassidy Sensei, che ha proposto ai partecipanti della lezione della domenica una nuova metodologia che ha chiamato “Aiki Combat Improv“.
Chi naviga negli oceani delle Arti Marziali, sa bene che quel tipo di mare è popolato da migliaia di nomi, federazioni, associazioni, gradi, sigle, cinture, pubblicazioni, eventi, circoli, abitudini, lingue, acronimi…
Accade spesso che il modo in cui un’arte viene insegnata e comunicata generi frammentazioni, separazioni e infiniti tentativi inutili di affermare che un gruppo ha ragione e un altro torto, questo a dispetto sovente dello spirito originario del fondatore della disciplina.
D’altra parte, la storia dell’umanità ci insegna che la capacità di evolvere e di adeguarsi consente alle culture di attraversare i secoli e di restare in vita. In questo modo noi riusciamo a incarnare gli stessi principi dei nostri antenati anche se viviamo esperienze molto diverse in ambienti molto diversi.
Patrick Cassidy e la sua Evolutionary Aikido Community, di cui il nostro Dojo è parte, sono impegnati nella ricerca di una sorta di “linguaggio vivo”. Ricerca che origina da un’esperienza di oltre 35 anni sul tatami e che tenta di comunicare e mantenere in vita quei principi che stanno alla base della pratica dell’Aikido e in realtà della pratica di ogni altra arte marziale: la capacità di connettersi con il partner e includere il partner in un flusso.
E ovviamente, questo metodo consente l’esplorazione delle conseguenti caratteristiche di tali principi: capacità di percepire, saper collegarsi e fondersi con il partner, saper stare sotto l’attacco, accettare di esplorare al di fuori dei confini della nostra zona di comfort, lasciare che gli eventi generino il movimento…
A volte dobbiamo metterci a nudo per scoprire chi siamo. Dobbiamo smascherarci per capire dove stiamo andando.
La ripetizione robotica delle tecniche può nascondere un rischio grave. Certamente può portare a una bella esecuzione sotto il punto di vista formale e a una gran potenza; ma potrebbe essere una routine vuota e potrebbe generare individui senz’anima che in ultima analisi aumentano il disordine in un mondo frammentato e apparentemente eterodiretto.
La tentazione opposta, cioè una pratica senza regole, dove va bene tutto, porta agli stessi esiti estremamente pericolosi, tanto per la disciplina quanto per le persone.
Per questo motivo, abbiamo apprezzato lo sforzo nella ricerca di un nuovo modo di insegnare principi antichi e senza tempo. Perché il Giappone dei Samurai non esiste più. Perché ognuno ha il diritto di capire quello che fa. Perché ognuno ha il diritto di sentire e scoprire quei principi che possono essere utili soprattutto per la vita quotidiana.
Quindi, a parte gli aspetti visibili di questa metodologia accurata (senza ranghi, senza gerarchia, senza uniformi, senza tecniche, solo un chiaro mandato di cercare la linea centrale del partner, di includere senza resistere quando si viene spinti, tirati o afferrati e una forte forte spolverata di un contatto ravvicinato e leggero che ricorda fortemente il Wing Chun, il Tai Chi e l’idea del “chi sao” delle mani incollate…Il blog di Marco Rubatto offre una descrizione approfondita q questo link), questo “Aiki Combat Improv” si è rivelato essere una pepita d’oro per la nostra pratica.
Liberi dalle sequenze di tecniche che conosciamo e invogliati a esprimere le nostre intenzioni attraverso movimenti fluidi, abbiamo avuto la possibilità di valutare lo stato evolutivo in cui ci troviamo. In altri termini, l ‘”improvvisazione” (Improv) derivante da una situazione di close combat leggero, mette sotto i riflettori quei principi che la nostra esperienza di Aikido ci ha fatto maturare e ci ha dato la direzione e degli strumenti per evolvere, migliorare.
Riassumendo, “Aiki Combat Improv” è una buona etichetta con un sacco di buone cose dietro. La sostanza è innegabile ed è tangibile. Si può sentire il sapore della grande esperienza di un insegnante che ha vissuto per anni in Giappone praticando ogni giorno la “vecchia scuola”, passando attraverso i suoi dolori e le sue ricchezze, per poi rimodellare il tutto, grazie ad una continua ricerca, in una forma che conserva anche la tradizione senza disdegnare l’innovazione.
Fortemente consigliato!
Photo Credits: Sandra Bridel